A che punto è l’Italia in tema di sostenibilità aziendale?
Avere un’economia sostenibile è la più grande sfida dei nostri tempi, e l’Italia non fa eccezione. Per monitorare l’impegno delle imprese verso la sostenibilità e la conversione nelle fonti rinnovabili, ogni anno il Rapporto SDGs (Sustainable Development Goals) dell’Istat redige un report in cui tiene conto degli standard ambientali, sociali ed economici del nostro Paese.
I dati non sono ottimistici. Nel 2019 si era registrato un trend positivo rispetto al decennio precedente mentre dal 2020 in poi si è registrata una contrazione dovuta al Covid-19: la necessità di fronteggiare la pandemia ha messo in secondo piano gli obiettivi di sostenibilità ambientale.
I criteri ESG descrivono un’azienda secondo parametri non finanziari, valorizzandone la portata sociale e ambientale. Un’impresa non è solo del Titolare, dei Manager e degli Azionisti ma fa parte di una comunità e di un territorio. Essere sostenibile è un investimento che crea un circolo virtuoso tra crescita economica e fare del “bene” alle persone e al pianeta.
Sostenibile è un modello di crescita economica che con una prospettiva di lungo periodo, concilia gli interessi delle generazioni attuali con gli interessi di quelle future e che considera interdipendenti tre dimensioni: economica, ambientale e sociale.
La sostenibilità diventa perciò una componente strategica e una linea guida nelle pratiche aziendali per generare benessere collettivo e ridurre l’impatto sul pianeta. Di conseguenza la valutazione di un’azienda deve tenere conto sia delle performance economiche che di quelle sociali e ambientali: a questo servono i criteri ESG e i relativi indicatori (score e rating ESG).
I principi ESG sono parametri extra-finanziari che si aggiungono ai “classici” parametri economici, aumentando così le informazioni disponibili per formulare un giudizio sull’azienda. Per gli investitori i criteri ESG o meglio gli score e rating ESG, servono anche a valutarne la solidità in termini appunto, di investimento. Si parla infatti di finanza sostenibile quando, oltre agli obiettivi economici, vengono tenuti in considerazione anche quelli ambientali e sociali.
Un’impresa sostenibile e responsabile quindi è attenta al fattore ambientale se riduce le emissioni di gas serra, è efficiente nell’uso di energia e risorse naturali (acqua, materie prime, foreste…), non inquina, tutela la biodiversità etc.. Il valore dato al fattore sociale si concretizza, ad esempio, nella qualità dell’ambiente di lavoro e della catena di fornitura; nello sviluppo delle risorse umane, nell’attenzione alla parità di genere, alla diversità e all’inclusione, nel farsi carico della responsabilità sociale d’impresa in senso ampio.
Il terzo fattore ESG – la governance dell’azienda – riguarda l’etica e la trasparenza, le policy e le procedure di controllo, nel caso delle società per azioni i diritti degli azionisti, la composizione, l’indipendenza e la remunerazione del consiglio di amministrazione etc.
Agenda 2030 ONU per lo sviluppo sostenibile
L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità.
È all’interno di questo contesto che si muove la normativa dell’UE denominata appunto, CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) che stabilisce l’obbligo dell’elaborazione del Report di Sostenibilità.
Tutti mettono molta enfasi sulle difficoltà nell’elaborazione del Report e pongono scarsa attenzione al fatto che quel documento riporterà lo stato di sostenibilità dell’impresa nell’anno in oggetto: l’impegno maggiore, invece, dovrà esser posto al rendere sostenibile le attività dell’impresa, per poterle poi rendicontare con il Report di Sostenibilità.
Un cambiamento ineludibile e irreversibile
Sarà questo l’impegno primo cui metter mano perché la C.S.R.D. induce a un cambiamento permanente e irreversibile nei metodi di gestione dell’impresa rispetto a ciò che si è pensato e fatto finora: è questo il campo su cui le imprese già competono ora e ancora più aspramente in futuro per effetto del mutare degli orientamenti del sistema finanziario e della clientela stessa.
Ciò che si conosce poco è che le società cui è fatto obbligo di presentare il Report di Sostenibilità sono tenute a dare conto del profilo di sostenibilità anche delle aziende della loro catena del valore (a monte e a valle della loro attività).
Le imprese obbligate ad elaborare il Report, infatti, già stanno chiedendo ai fornitori di documentare la sostenibilità della loro azienda per integrare i dati di sostenibilità dei fornitori nel proprio Report di Sostenibilità.
Capite bene da quanto descritto fino ad ora che la compilazione del “Report di Sostenibilità” non può e non deve essere la mera compilazione di un “modulo” o la risposta a domande precompilate su un “form”
È difficile che una PMI (ma anche una grande impresa quotata) abbia una sostenibilità elevata all’esordio della normativa, ma una soluzione c’è: la UE dice che la CSRD consiste in un percorso progressivo e documentato verso la sostenibilità.
Si parte definendo la strategia sostenibile dell’impresa, se ne avvia l’attuazione con un assessment iniziale, la “foto” della condizione aziendale d’inizio percorso, e poi si procede con l’elaborazione del Piano di Transizione alla Sostenibilità e con la strutturazione di un’organizzazione aziendale adeguata alla sua attuazione
Ogni anno, poi, si darà conto al cliente, grande impresa obbligata, dei risultati ottenuti, dei progressi fatti con l’attuazione del Piano di transizione.
È così che si soddisfano le richieste della banca e quelle che il cliente avanza in materia di sostenibilità del fornitore, è così che si mettono in fila le cose (le informazioni, i dati, l’organizzazione) per elaborare quando sarà ora il Report di Sostenibilità.
GoForBenefit, storica associata di A.S.P.Energia, ha una consolidata esperienza e specializzazione nella formazione dei Manager e dei Professionisti su questi temi così importanti e attuali ma soprattutto nell’assisterli in quel percorso, con un programma consulenziale personalizzato.